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sabato 12 settembre 2020

poesia Il sorriso di Willy

In genere non scrivo poesie "a tema", anzi da qualche anno avevo smesso di scrivere poesie, ma non ho potuto fare a meno di aggiungere anche la mia voce alle tante che hanno espresso cordoglio per la barbara uccisione di Willy Monteiro Duarte, morto a 21 anni la notte del 5 settembre 2020 a Colleferro.


Willy Monteiro Duarte

Balordi senza testa e senza cuore
fermaron con violenza il tuo candore,
col tuo sorriso dolce e disarmante
li affrontasti col cuore di un gigante.
Eri solo e forse spaventato,
ma il tuo passo non ha mai arretrato
per dimostrare a quei cani rabbiosi
che l'amore è più forte dei soprusi.
Ti hanno ucciso senza una ragione.
per fare sfoggio di cieca violenza
laddove conta solo l'apparenza
e la vigliaccheria di chi si crede forte
predando in branco e dando morte
a chi alle sue regole si oppone.
Quattro bestie scatenate e senza ritegno
che d'esser uomini persero ogni segno
hanno spento quel giorno la tua vita,
ma il tuo coraggio ha scaldato i nostri cuori
mostrando che si può affrontare la partita
senza sfogare paure, odi e rancori.
Riposa Willy e vola in Paradiso,
per qualche giorno simbolo di un paese indiviso.
Domani forse ogni clamore sarà spento
e anche il tuo nome da noi dimenticato,
ma oggi voglio dirti con orgoglio
è questa umanità quella che voglio.
(Giovanni Capotorto)


giovedì 6 agosto 2020

Ricordando Maria Bozza


Sono ormai trascorsi cinque anni da quando la nostra amica Maria Bozza ci ha lasciati, lasciando in tutti noi un grande vuoto. Cinque anni e ancora non riesco a scrivere due righe su di lei. Ci ho provato tante volte; poi mettevo da parte il testo perché mi sembrava incompleto, troppo distante da quello che Maria è stata per me e per tutti quelli che l'hanno conosciuta. 

Forse è solo un modo per esorcizzare la sua perdita, per non voler accettare la sua morte, il non poterla più avere vicina fisicamente.

Ancora oggi, ascoltando certe notizie sugli «ultimi», mi viene spontaneo pensare a lei, l'istinto mi porterebbe a telefonarle o a mandarle un messaggio per avvisarla, per condividere la notizia con lei e ascoltare il suo parere, come facevamo spesso.

 

Ricordo il nostro primo incontro, grazie ad amici comuni che mi avevano coinvolto in un percorso per costituire anche a Gioia un gruppo della Comunità di Sant'Egidio, la sua vita, a cui ha dedicato fino all'ultimo tutte le sue energie.

Per tutti lei era «Maria della Comunità di Sant'Egidio», come usava presentarsi, entrando subito in empatia con chiunque, anche chi era lontano da ogni percorso di fede o viveva un diverso credo politico o religioso. Anche a Gioia molti la conoscono semplicemente così e forse ricordano ancora il suo sorriso.

Ho scoperto il suo cognome solo in seguito, quando abbiamo avviato un primo contatto via mail e poi telefonicamente. Abbiamo anche scherzato sul suo cognome «Bozza», che sembrava in linea con i miei sogni di scrittore esordiente. Un percorso che lei ha condiviso in parte, leggendo i miei articoli sulla Comunità sul bollettino parrocchiale «alternativo», «La Porta Celeste», che in quegli anni curavo in parallelo a quello ufficiale. Tante volte mi aveva anche consigliato di propormi a qualche giornale locale, a cercare di far fruttare il mio talento per la scrittura, anche economicamente, mettendo da parte le altre collaborazioni gratuite che sottraevano solo tempo alla mia attività letteraria.

Purtroppo non ho mai avuto modo di donarle i libri che ho poi finalmente pubblicato; a volte mi chiedo se le mie parole avrebbero potuto aiutarla a non sentirsi sola nel suo ultimo percorso.

Il trasferimento a Policoro dopo il matrimonio con Bruno, la nascita delle sue bambine, poi la malattia, unite alla mia scarsa propensione agli spostamenti ci hanno impedito di poterci rivedere di persona negli ultimi anni, non mi hanno permesso di poter seguire da vicino il suo cammino di moglie e di mamma. Ci limitavamo allo scambio di qualche sms e telefonata saltuaria.

In occasione del mio compleanno anni fa mi rivelò di essere in attesa della seconda bimba; una grande gioia, soffocata qualche mese dopo dal dolore per la sua malattia, che appresi poi da una comune amica, rimanendo senza parole.

 

Mi restano di lei le immagini «rubate» da un servizio della RAI sull'iniziativa in favore dei migranti «Fiori per la vita» del maggio 2015, un corteo silenzioso per ricordare le migliaia di vittime dei naufragi, da lei fortemente voluta a Policoro pochi mesi prima della sua morte. 

Immaginarla su una sedia a rotelle, che nel video non si vede, ma si intuisce, sapere che lei non poteva più guidare autonomamente, dopo migliaia di chilometri percorsi per organizzare iniziative, costruire ponti di pace, mi ha molto rattristato, ma nella sua voce sentivo ancora l'entusiasmo, la forza di un tempo. Quasi che il corpo sofferente non riuscisse a contenere la sua enorme energia.

Mi rimane soprattutto il ricordo della nostra ultima telefonata, a lungo cercata, che mi ha permesso di risentire la sua voce e il suo entusiasmo, nonostante tutto; sentirla parlare dei progetti sulla raccolta differenziata nelle scuole e altre cose che aveva in mente di organizzare. Sentire la gioia di esserci finalmente ritrovati, la tristezza per chi l'aveva abbandonata nel periodo della malattia, per chi evitava di andarla a trovare «per ricordarla com'era». Si dice così, spesso, lasciando i malati soli proprio nel momento più difficile. Confesso di aver avuto anch'io difficoltà a ristabilire un contatto, a volta per paura di disturbare il suo difficile percorso, a volte per paura di non sapere cosa dire, di non poterla aiutare. Parlando con lei ho compreso che già parlare poteva essere un grande aiuto; dialogare senza filtri, senza ipocrisie, chiamando per nome la sua malattia, quel tumore che ce l'ha piano piano tolta. È inutile girarci intorno fingere che non ci sia; a volte chi è malato ha anche bisogno di poter guardare in faccia il suo nemico, poterne parlare liberamente per poterlo sconfiggere.

Sicuramente avrei potuto, forse avrei dovuto fare di più, ma Maria ha sempre conosciuto i miei limiti, quelli che mi hanno a volte impedito di impegnarmi in maniera più decisa nel percorso della Comunità, come facevano lei e gli altri amici di Laterza, di Roma, Bari e di ogni parte del mondo.

In questi anni ho spesso provato a descrivere Maria, a fare un suo ritratto per presentarla a chi non ha avuto modo di conoscerla. Descrivere il suo impegno nella comunità di sant'Egidio a fianco dei poveri, degli anziani, degli stranieri, di chi soffre o sta cercando di ridare un senso alla propria vita. Descrivere il suo impegno nel lavoro e nello studio, la laurea in Filosofia e poi in Scienze Religiose; il suo amore per la famiglia, per suo marito Bruno e le figlie Angelica e Sara Pace. Ne veniva fuori un'immagine quasi «agiografica», forse lontana dalla sua «straordinaria normalità». In realtà Maria parlava poco di sé, della sua vita privata; forse per compensare il suo forte impegno «pubblico», la sua perenne apertura verso gli altri, mantenendo uno spazio privato tutto per sé da riservare solo alle persone più care.

Descrivere quello che io scherzosamente chiamavo «il metodo Bozza», il suo modo di approcciare le persone sconosciute e avvolgerle con la sua energia, presentando in pochi minuti la storia e le attività della Comunità di sant'Egidio e poi a raffica la proposta del momento. Un modo di fare che forse anche noi abbiamo cercato di copiare malamente, senza capire che l'empatia nasce dal cuore, dal nostro atteggiamento e non dalle parole che usiamo.

 

Potrei raccontarvi del suo impegno incessante a fianco dei poveri, dei condannati a morte, degli anziani, degli stranieri. Le tante conferenze sul «Vangelo della Pace», i convegni e gli incontri di preghiera per la pace organizzati anche qui a Gioia insieme a Corrado, ruotando tra le varie parrocchie perché nessuno si sentisse escluso e tutti si sentissero parte di questo cammino ecclesiale. Il suo impegno per il «Pranzo di Natale» per i poveri e per un percorso che li seguisse tutto l'anno.

La scommessa di far aderire Gioia del Colle all'iniziativa «Cities for Life», «Città per la vita contro la pena di morte», che prevedeva l'accensione simbolica di una luce verde per illuminare un monumento ogni 30 novembre e ogni qual volta veniva graziato un condannato a morte o uno stato aboliva la pena di morte. Ci siamo riusciti il 30 novembre 2004, durante l'amministrazione Vito Mastrovito, illuminando il monumento dei Martiri, nei pressi del Castello Svevo. Nei vari cambi di amministrazione avvenuti negli anni successivi è stato piano piano dimenticato l'impegno preso allora dal nostro Comune, che formalmente credo risulti ancora iscritto nella lista delle «Città per la vita». Oggi le luci colorate illuminano il nostro municipio con altri fini e altri costi.

Gli incontri sul progetto «Dream» contro l'AIDS in Africa e nelle regioni più povere, gli incontri contro la pena di morte in occasione della esecuzione di Dominique Green, il primo condannato a morte con cui la comunità ha attivato una corrispondenza. Per tutti noi ormai quasi un amico, anche se non tutti abbiamo avuto modo di scrivergli, di cui abbiamo seguito con apprensione e poi con tristezza il tragico destino. Gli incontri con Joaquin Josè Martinez, ex condannato a morte negli USA, poi scoperto innocente grazie a nuove testimonianze, presso il liceo scientifico «Ricciotto Canudo»; l'incontro con SueZann Bosler, fondatrice dell'associazione «Journey of Hope», che da anni si batte per salvare dalla pena capitale l'uomo che ha ucciso suo padre e ferito gravemente lei.

La visita periodica agli anziani ospitati nella allora «Casa di Riposo Padre Semeria», i momenti di preghiera nella cappella della struttura, «il pasto caldo» offerto ai venditori ambulanti accorsi per la festa di san Filippo, progetto poi continuato dal Centro d'Ascolto «Dal Silenzio alla parola» e tante altre iniziative, di cui Maria è stata animatrice e anima, impegnandosi in prima persona insieme agli amici della comunità di Laterza, di Roma e al piccolo gruppo di Gioia.


Perdonatemi il lungo elenco, ma ci tenevo che Gioia potesse far memoria di quanto fatto in questi anni nel nostro paese, un percorso che purtroppo si è poi progressivamente interrotto e di cui molti non hanno più memoria.

Non è facile raccontare Maria nella sua «straordinaria normalità», la capacità di essere motore di mille iniziative senza mettersi in mostra, cercando piuttosto di spingere gli altri a essere protagonisti attivi, valorizzando le capacità e le competenze di ciascuno.

Non capivo, a volte, quella sua innata capacità di entrare subito in empatia, di comunicare immediatamente con le persone che non conosceva. Pensavo fosse solo una sua peculiarità, molto lontana dal mio modo di essere e di rapportarmi con gli altri.

A volte mi sentivo inferiore, incapace non solo di stare al suo passo, ma spesso anche di seguire la sua scia. Lei non mi ha fatto mai pesare queste differenze, riuscendo a valorizzare le mie competenze. Diceva che era solo questione di tempo, che non c'era niente di eccezionale in quello che faceva, che tutti potevamo percorrere lo stesso cammino, persino io, mettendo da parte la mia innata timidezza.

Mi ha incoraggiato tante volte a non desistere quando, dopo le prime visite agli anziani della casa di riposo di «Padre Semeria» ho deciso di fare un passo indietro, triste per la mia incapacità di creare un dialogo con loro. Mi sembrava inutile, troppo poco limitarsi ad ascoltare; poi ho capito che forse anche quei miei silenzi potevano essere importanti, che per alcuni di loro era già un grande dono che qualcuno li stesse ad ascoltare e andasse a trovarli ogni settimana.

Il percorso del gruppo gioiese della Comunità di Sant'Egidio è stato forse breve, per certi versi infruttuoso, visto che non siamo riusciti a farlo andare avanti, ma è stato comunque utile, importante averne fatto parte. Ringrazio Chiara, Luciano, Enza, Vincenzo, Rosaria, Giovanna, Isabella e tutti gli altri che con me hanno fatto parte del piccolo gruppo che ha portato per qualche anno la comunità di Sant'Egidio anche a Gioia.

Questo cammino ci ha permesso di conoscere Maria, Francesca, Fausta, Domenico e Francesco del gruppo di Laterza; Corrado, Valeria, Luciana, Paola, Andrea, Hadrian e Simone del gruppo di Roma; Mino, Maria Luisa, Stefano, Bianca del gruppo di Bari; di incontrare Pasquina, Tani, Nico e tanti altri che sicuramente starò dimenticando inconsapevolmente. Ha fatto nascere delle amicizie ancora vive, anche se purtroppo non si ha l'occasione per incontrarsi frequentemente.

Cinque anni fa al funerale di Maria c'eravamo tutti, talmente tristi e disorientati da trovare a malapena la forza di scambiare un abbraccio e poche parole. Riunirci insieme quel giorno è stato forse il suo ultimo dono, un miracolo forse, il suo desiderio di volerci accanto a lei per l'ultima volta. E anche l'impegno a non dimenticarla mai e a continuare a percorrere il sentiero che lei ci ha mostrato, su cui abbiamo camminato insieme.

Dopo quel giorno non sono più stato a Laterza, nonostante i ripetuti inviti agli incontri che la Comunità ha continuato a realizzare anche nel suo nome. Forse per non avvertire la sua assenza andando nei luoghi che abbiamo frequentato insieme, non poterla riabbracciare o risentire la sua voce.

Mi manca tanto. So che lei c'è ancora, nei nostri cuori, nei ricordi di tutti quelli che l'hanno conosciuta, degli anziani, dei poveri, degli stranieri a cui ha donato anche solo un sorriso.

Un bacione Maria. E un abbraccio a Bruno, alle vostre bimbe e a tutti i tuoi familiari e amici, a chi continua a perpetuare il tuo ricordo e custodirti nel proprio cuore ogni giorno.

Scusami se con le mie parole sono riuscito a raccontare solo una parte di te, se forse non ho saputo rievocare pienamente il tuo ricordo, tutto ciò che il tuo sorriso rievoca ancora nel mio cuore e in quelli di chi ha avuto la gioia e la fortuna di incontrarti sul suo cammino.

 


 

 

 

logo Comunità di Sant'Egidio

 

giovedì 19 marzo 2020

Non a caso (Daniela Marcone)


Daniela Marcone
Il prossimo 21 marzo, «coronavirus» permettendo, sarà celebrata in tutta Italia la «Giornata in Ricordo delle Vittime della Mafia», promossa ogni anno da «Libera» e da altre associazioni impegnate contro la criminalità organizzata.
Tante storie di persone innocenti che hanno avuto il coraggio di opporsi alle logiche mafiose, di non sottostare alle imposizioni e di cui spesso si è perso il ricordo.
Daniela Marcone, vicepresidente di Libera ha voluto raccogliere nel libro «Non a caso» le storie di alcune vittime di mafia pugliesi, affidando alla penna di noti scrittori/scrittrici il compito di raccontare brevemente chi erano queste persone, andando oltre la narrazione asettica di una biografia, ricostruendo la loro vita, il loro carattere, «fotografando» la loro vita.
Forse è solo una coincidenza, forse «non a caso» ho ricevuto il pacco contenente questo libro lo scorso 3 marzo, proprio il giorno dopo aver partecipato a un incontro in ricordo dell'ingegnere gioiese Donato Maria Boscia, ucciso dalla mafia a Palermo il 2 marzo 1988.
Boscia lavorava alla realizzazione di una galleria nel monte Grifone per una nuova condotta dell'acquedotto di Palermo e si era più volte rifiutato di affidare i lavori in subappalto a ditte legate alla mafia, nonostante le ritorsioni e le minacce.
Donato Boscia
Aveva promesso di completare i lavori per il 14 marzo e dopo la sua tragica morte, i suoi operai hanno coraggiosamente terminato la galleria entro quella data, facendo anche ore di straordinari non retribuiti per onorare la memoria del loro giovane direttore tecnico. Mi sembra giusto citare anche il loro impegno silenzioso, andato avanti nonostante la paura.
Nel racconto di Piergiorgio Pulixi «L'ingegnerino» è tratteggiata sapientemente la figura del giovane gioiese, appassionato speleologo a cui è dedicata la sezione gioiese del Club Alpino Italiano, che «non a caso» ha sede proprio nella via che il nostro paese ha voluto intitolargli anni fa.
Non ho avuto modo di conoscerlo, ma credo che chi lo ha conosciuto ritroverà il suo coraggio, la sua ostinazione, la sua riservatezza nel tenere i familiari all'oscuro delle minacce ricevute, sapendo anche scherzare sulla pericolosità del suo lavoro, nelle pagine a lui dedicate. Particolare la scelta dell'autore di raccontare la storia di Donato Boscia in maniera indiretta, attraverso le parole dell'uomo che ha premuto il grilletto contro di lui.

Nel libro «Non a caso», arricchito dalla prefazione di don Luigi Ciotti, ogni racconto è completato da una scheda biografica del protagonista e da brevi cenni biografici sull'autore/autrice che ha prestato la sua penna per raccontare la sua storia.
Mi sembra giusto ricordare brevemente tutti i racconti presenti nella raccolta, nell'ordine in cui l'autrice/curatrice li ha collocati.
Cominciamo con «La festa patronale» di Nicola Lagioia, dedicato al capitano dei carabinieri tarantino Emanuele Basile, collaboratore del capo della squadra mobile Boris Giuliano, in prima linea dopo il suo assassinio per scoprire i mandanti dell'omicidio, indagando sulla famiglia Altofonte, alleata dei Corleonesi di Riina. Per il suo impegno è stato assassinato il 4 maggio 1980 durante la festa patronale in onore del Santissimo Crocifisso.
Segue «Il poco che resta» di Eduardo Savarese, dedicato agli omicidi dell'onorevole Pio La Torre e Rosario Di Salvo, assassinati insieme in macchina la mattina del 30 aprile 1982. Una delle loro ultime battaglie politiche era stata contro l'installazione dei missili Nato a Comiso, in provincia di Ragusa.
È stata invece uccisa a pochi passi da casa Renata Fonte, assessore di Nardò, di ritorno da un consiglio comunale nella notte tra il 31 marzo e il 1 aprile 1984. Una giovane mamma di 33 anni impegnata contro le speculazioni edilizie a Porto Selvaggio, la cui tragica fine è ben fotografata, come vista dagli occhi di un testimone oculare, in «La pietà» di Beatrice Monroy.
«La 500 gialla» di Laura Costantini e Loredana Falcone ricorda l'uccisione di Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza, impegnato per l'attuazione della riforma carceraria nata per impedire il controllo degli istituti carcerari da parte della criminalità organizzata. Un delitto avvenuto il 12 marzo 1985 sulla statale 19 Cosenza-Rende, mentre andava a prendere la figlia Rossella da scuola.
Segue il racconto «L'ingegnerino», di cui ho già detto, e poi «I rumori della notte» di Elisabetta Liguori, dedicato a Giovanbattista Tedesco, capo della sicurezza dell'allora Italsider di Taranto, ucciso nella notte tra il 2 e il 3 ottobre nel giardino condominiale della sua abitazione per essersi opposto alle ruberie e al controllo del traffico merci nello stabilimento da parte dei clan tarantini.
Alla strage di Capaci del 23 maggio 1992 è dedicato «Capaci, 1992.Tra il cielo e la terra» di Marilù Oliva che prova a ricostruire gli ultimi momenti degli agenti della scorta del giudice Falcone Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo.
Segue «La divina tragedia» di Marco Vichi che racconta in forma poetica la battaglia per la legalità dell'imprenditore Giovanni Panunzio, cui sono state dedicate due associazioni antiracket a Foggia e Portici, freddato il 6 novembre 1992 in macchina a Foggia da esponenti della «Società foggiana», organizzazione criminale radicata nel territorio dauno e senza legami con le altre mafie meridionali.
Nel libro è presente anche la storia di Francesco Marcone, padre di Daniela a cui è dedicato il racconto «Mezz'ora» di Giovanni Dello Jacovo. Marcone era direttore dell'Ufficio del Registro di Foggia e aveva prontamente denunciato la presenza di loschi «personaggi» che acceleravano a pagamento il disbrigo delle pratiche dell'ufficio. Per la sua onestà Francesco è stato assassinato nel portone di casa sua al rientro dal lavoro il 31 marzo 1995.
«Hyso che non doveva» di Francesco Minervni ricostruisce la storia del giovane albanese Hyso Telharaj, picchiato a morte in un casolare dell'Incoronata il 5 settembre 1999 per non aver ceduto ai ricatti dei caporali albanesi e italiani.
«Primavera» di Alessandro Cobianchi ricorda il vicebrigadiere Alberto De Falco e il finanziere Antonio Sottile, speronati da un blindato dei contrabbandieri a bordo di una normale Fiat Punto di servizio il 23 febbraio del 2000. Dopo la loro morte lo stato reagì duramente contro il contrabbando di sigarette mandando uomini e mezzi per l'operazione «Primavera».
In «Gaetano è amico mio» Gabriella Genisi ricorda l'assassinio del quindicenne Michele Fazio, vittima innocente di un agguato durante la lotta tra i clan di Bari Vecchia, mentre tornava a casa dopo una giornata di lavoro in un bar e di Gaetano Marchitelli, anche lui colpito per errore il 2 ottobre del 2003 da un commando a bordo di un'auto mentre sostava davanti alla pizzeria dove lavorava come cameriere. Nel corso dell'agguato venne ferito anche il giovane Mario Verdoscia, rimasto fortemente scosso dal grave trauma subito che ha influenzato negativamente la sua vita.
«Un'altra vita» di Romano De Marco ricorda il sacrificio di Nicola Ruffo, raggiunto da un colpo di pistola al cuore il 6 febbraio 1974 mentre cercava di difendere la proprietaria di una tabaccheria durante una rapina.
«Gli occhi» di Piera Carlomagno racconta il tragico scambio di persona che ha causato la morte di Giuseppe Mizzi, scambiato dai killer per un pregiudicato del clan rivale.
Chiude la raccolta «La ballata di Marcella» di Mauro Marcialis che narra la storia di Marcella Di Livrano, prima tossicodipendente con una vita burrascosa, poi collaboratrice di giustizia contro la Sacra Corona Unita, scomparsa l'8 marzo 1990. Il suo corpo sfigurato sarà ritrovato solo il 5 aprile in un bosco tra Brindisi e Mesagne. Uccisa per il suo «tradimento», perché sapeva troppo e aveva cominciato a collaborare con le forze dell'ordine, che purtroppo non sono riuscite a proteggerla.
In appendice la «Breve storia delle mafie in Puglia» di Antonio Nicola Pezzuto, una mappa dettagliata dei clan della criminalità organizzata pugliese e l'elenco delle vittime pugliesi innocenti di mafia, più di 60 «vite spezzate» ricordate con un breve testo esplicativo. Uno stralcio dal lungo elenco delle vittime innocenti di mafia, raccolto pazientemente da «Libera» e forse ancora incompleto, che ogni anno viene letto il 21 marzo, nel primo giorno di primavera, in ricordo di tutti coloro a cui la mafia ha tolto la vita, per non permettere che venga oscurato anche il loro ricordo.


 
 
 

mercoledì 4 marzo 2020

poesia Sulla strada


In occasione dell'otto marzo, festa della donna, condivido con voi una poesia dedicata a tutte le donne oppresse con l’augurio di ritrovare presto la loro libertà.
Un testo che parla delle cosiddette "ragazze di strada", donne vittime di cui nessuno parla mai.
Quelle che molti additano con disprezzo, ma poi spesso usano senza ritegno e rispetto. 


strada di campagna

 

Sulla strada

Sul bordo della strada
c’è una donna che cammina;
io non so dove vada
con quel viso da bambina.
Venuta da lontano,
pigiata in una stiva,
con pochi soldi in mano
tra le onde alla deriva.
Le dissero «cammina»,
lei prese quella via
e la percorre piano,
senza troppa allegria.
Deve vender l’amore
a ogni sconosciuto,
anche se lei l’amore
non lo ha mai avuto.
Sul bordo della strada
cammina senza meta,
mostrando il suo bel corpo 

e un finto sorriso.
Con i suoi occhi tristi
lei cerca di parlare,
ma nessuno sente,
comprende il suo dolore.
E quando resta sola
lei piange disperata
e pensa alla sua terra
da dove un dì è partita.
Un giorno tornerà,
lo sogna ogni momento
perché Dio vede e sa
e sente il suo lamento.
E lungo quella strada
invano andrà la gente:
lei è di nuovo a casa,
libera finalmente.


(tratta da Lungo gli argini)







lunedì 20 gennaio 2020

Quanto vale un libro?


Da sempre sono un appassionato di libri. Dopo aver "saccheggiato" la biblioteca di casa, con gli anni ho cominciato a crearmi la mia piccola biblioteca privata, scegliendo libri che mi attiravano, senza ascoltare troppo i consigli del libraio che cercava di consigliarmi titoli più adatti alla mia età o le mode editoriali del momento. Raramente scelgo un libro solo perché "tutti lo hanno letto", a parte qualche classico. Negli ultimi anni ho scoperto tanti autori/autrici interessanti nel mondo sommerso del self-publishing, spesso snobbato da alcuni lettori pieni di pregiudizi. Certo, anche in questo settore non è tutto oro, può capitare di trovare anche qualche "ciofeca", come nell'editoria tradizionale o tra i nomi più blasonati. In ogni campo si possono trovare grandi autori che cercano umilmente di far crescere il loro talento e altri che si accontentano solo di far crescere il proprio ego.

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