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lunedì 2 marzo 2015

Il coraggio della normalità


Accogliendo l'invito del presidio Libera di Gioia del Colle a mantenere viva la memoria del suo sacrificio, ho deciso di dedicare anch'io qualche riga a Donato Boscia, ingegnere gioiese ucciso dalla mafia a soli 31 anni  il 2 marzo del 1988 per non aver voluto ubbidire agli ordini delle cosche.
Non l'ho conosciuto personalmente, ma ricordo bene lo sgomento che la sua morte suscitò allora nel nostro paese.
Un esempio e un sacrificio da non dimenticare, soprattutto in questo periodo, in cui le cronache nazionali e locali ci presentano solo modelli di corruzione e malaffare.

Una nota personale: in  quello stesso anno  cominciava la mia breve avventura universitaria a Ingegneria Elettronica e anch'io, insieme a tanti coetanei, partecipai al bando per una borsa di studio offerta dalla Ferrocemento in memoria dell'ing. Donato Boscia.

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Donato Boscia era nato a Gioia del Colle nel 1957 e si era laureato brillantemente al Politecnico di Torino a soli 23 anni. Lavorava per la Ferrocemento di Roma, società impegnata in grandi opere pubbliche, tra cui l'acquedotto di Palermo. 
Il giovane ingegnere pugliese aveva ottenuto la direzione di una sezione dell'acquedotto di Palermo e prevedeva di terminare i lavori di scavo di monte Grifone per il 14 aprile 1988.
Dopo una serie di minacce e "avvertimenti" mafiosi, il 2 marzo del 1988 gli assassini bloccarono la sua macchina a un incrocio mentre rincasava dal cantiere, uccidendolo con cinque colpi di pistola solo per aver voluto svolgere onestamente e in maniera professionale il proprio lavoro, senza scendere a patti con le cosche.Un esempio di dedizione che i suoi operai vollero imitare, riuscendo a portare comunque a termine i lavori nei tempi stabiliti, lavorando senza stipendio e anche di notte
Nel 1997 nel corso del maxiprocesso di Palermo venne individuato Salvatore Riina come mandante dell'omicidio.



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