Daniela Marcone |
Il prossimo 21 marzo,
«coronavirus» permettendo, sarà celebrata in tutta Italia la
«Giornata in Ricordo delle Vittime della Mafia», promossa ogni anno
da «Libera» e da altre associazioni impegnate contro la criminalità
organizzata.
Tante storie di persone
innocenti che hanno avuto il coraggio di opporsi alle logiche
mafiose, di non sottostare alle imposizioni e di cui spesso si è
perso il ricordo.
Daniela Marcone,
vicepresidente di Libera ha voluto raccogliere nel libro «Non a
caso» le storie di alcune vittime di mafia pugliesi, affidando alla
penna di noti scrittori/scrittrici il compito di raccontare
brevemente chi erano queste persone, andando oltre la narrazione
asettica di una biografia, ricostruendo la loro vita, il loro
carattere, «fotografando» la loro vita.
Forse è solo una coincidenza,
forse «non a caso» ho ricevuto il pacco contenente questo libro lo
scorso 3 marzo, proprio il giorno dopo aver partecipato a un incontro
in ricordo dell'ingegnere gioiese Donato Maria Boscia, ucciso dalla
mafia a Palermo il 2 marzo 1988.
Boscia lavorava alla
realizzazione di una galleria nel monte Grifone per una nuova
condotta dell'acquedotto di Palermo e si era più volte rifiutato di
affidare i lavori in subappalto a ditte legate alla mafia, nonostante
le ritorsioni e le minacce.
Donato Boscia |
Aveva promesso di completare i
lavori per il 14 marzo e dopo la sua tragica morte, i suoi operai
hanno coraggiosamente terminato la galleria entro quella data,
facendo anche ore di straordinari non retribuiti per onorare la
memoria del loro giovane direttore tecnico. Mi sembra giusto citare
anche il loro impegno silenzioso, andato avanti nonostante la paura.
Nel racconto di Piergiorgio
Pulixi «L'ingegnerino» è tratteggiata sapientemente la figura del
giovane gioiese, appassionato speleologo a cui è dedicata la sezione
gioiese del Club Alpino Italiano, che «non a caso» ha sede proprio
nella via che il nostro paese ha voluto intitolargli anni fa.
Non ho avuto modo di
conoscerlo, ma credo che chi lo ha conosciuto ritroverà il suo
coraggio, la sua ostinazione, la sua riservatezza nel tenere i
familiari all'oscuro delle minacce ricevute, sapendo anche scherzare
sulla pericolosità del suo lavoro, nelle pagine a lui dedicate.
Particolare la scelta dell'autore di raccontare la storia di Donato
Boscia in maniera indiretta, attraverso le parole dell'uomo che ha
premuto il grilletto contro di lui.
Nel libro «Non a caso»,
arricchito dalla prefazione di don Luigi Ciotti, ogni racconto è
completato da una scheda biografica del protagonista e da brevi cenni
biografici sull'autore/autrice che ha prestato la sua penna per
raccontare la sua storia.
Mi sembra giusto ricordare
brevemente tutti i racconti presenti nella raccolta, nell'ordine in
cui l'autrice/curatrice li ha collocati.
Cominciamo con «La festa
patronale» di Nicola Lagioia, dedicato al capitano dei carabinieri
tarantino Emanuele Basile, collaboratore del capo della squadra
mobile Boris Giuliano, in prima linea dopo il suo assassinio per
scoprire i mandanti dell'omicidio, indagando sulla famiglia
Altofonte, alleata dei Corleonesi di Riina. Per il suo impegno è
stato assassinato il 4 maggio 1980 durante la festa patronale in
onore del Santissimo Crocifisso.
Segue «Il poco che resta» di
Eduardo Savarese, dedicato agli omicidi dell'onorevole Pio La Torre e
Rosario Di Salvo, assassinati insieme in macchina la mattina del 30
aprile 1982. Una delle loro ultime battaglie politiche era stata
contro l'installazione dei missili Nato a Comiso, in provincia di
Ragusa.
È stata invece uccisa a pochi
passi da casa Renata Fonte, assessore di Nardò, di ritorno da un
consiglio comunale nella notte tra il 31 marzo e il 1 aprile 1984.
Una giovane mamma di 33 anni impegnata contro le speculazioni
edilizie a Porto Selvaggio, la cui tragica fine è ben fotografata,
come vista dagli occhi di un testimone oculare, in «La pietà» di
Beatrice Monroy.
«La 500 gialla» di Laura
Costantini e Loredana Falcone ricorda l'uccisione di Sergio Cosmai,
direttore del carcere di Cosenza, impegnato per l'attuazione della
riforma carceraria nata per impedire il controllo degli istituti
carcerari da parte della criminalità organizzata. Un delitto
avvenuto il 12 marzo 1985 sulla statale 19 Cosenza-Rende, mentre
andava a prendere la figlia Rossella da scuola.
Segue il racconto
«L'ingegnerino», di cui ho già detto, e poi «I rumori della
notte» di Elisabetta Liguori, dedicato a Giovanbattista Tedesco,
capo della sicurezza dell'allora Italsider di Taranto, ucciso nella
notte tra il 2 e il 3 ottobre nel giardino condominiale della sua
abitazione per essersi opposto alle ruberie e al controllo del
traffico merci nello stabilimento da parte dei clan tarantini.
Alla strage di Capaci del 23
maggio 1992 è dedicato «Capaci, 1992.Tra il cielo e la terra» di
Marilù Oliva che prova a ricostruire gli ultimi momenti degli
agenti della scorta del giudice Falcone Antonio Montinaro e Rocco Di
Cillo.
Segue «La divina tragedia»
di Marco Vichi che racconta in forma poetica la battaglia per la
legalità dell'imprenditore Giovanni Panunzio, cui sono state
dedicate due associazioni antiracket a Foggia e Portici, freddato il
6 novembre 1992 in macchina a Foggia da esponenti della «Società
foggiana», organizzazione criminale radicata nel territorio dauno e
senza legami con le altre mafie meridionali.
Nel libro è presente anche la
storia di Francesco Marcone, padre di Daniela a cui è dedicato il
racconto «Mezz'ora» di Giovanni Dello Jacovo. Marcone era direttore
dell'Ufficio del Registro di Foggia e aveva prontamente denunciato
la presenza di loschi «personaggi» che acceleravano a pagamento il
disbrigo delle pratiche dell'ufficio. Per la sua onestà Francesco è
stato assassinato nel portone di casa sua al rientro dal lavoro il 31
marzo 1995.
«Hyso che non doveva» di
Francesco Minervni ricostruisce la storia del giovane albanese Hyso
Telharaj, picchiato a morte in un casolare dell'Incoronata il 5
settembre 1999 per non aver ceduto ai ricatti dei caporali albanesi e
italiani.
«Primavera» di Alessandro
Cobianchi ricorda il vicebrigadiere Alberto De Falco e il finanziere
Antonio Sottile, speronati da un blindato dei contrabbandieri a bordo
di una normale Fiat Punto di servizio il 23 febbraio del 2000. Dopo
la loro morte lo stato reagì duramente contro il contrabbando di
sigarette mandando uomini e mezzi per l'operazione «Primavera».
In «Gaetano è amico mio»
Gabriella Genisi ricorda l'assassinio del quindicenne Michele Fazio,
vittima innocente di un agguato durante la lotta tra i clan di Bari
Vecchia, mentre tornava a casa dopo una giornata di lavoro in un bar
e di Gaetano Marchitelli, anche lui colpito per errore il 2 ottobre
del 2003 da un commando a bordo di un'auto mentre sostava davanti
alla pizzeria dove lavorava come cameriere. Nel corso dell'agguato
venne ferito anche il giovane Mario Verdoscia, rimasto fortemente
scosso dal grave trauma subito che ha influenzato negativamente la
sua vita.
«Un'altra vita» di Romano De
Marco ricorda il sacrificio di Nicola Ruffo, raggiunto da un colpo di
pistola al cuore il 6 febbraio 1974 mentre cercava di difendere la
proprietaria di una tabaccheria durante una rapina.
«Gli occhi» di Piera
Carlomagno racconta il tragico scambio di persona che ha causato la
morte di Giuseppe Mizzi, scambiato dai killer per un pregiudicato del
clan rivale.
Chiude la raccolta «La
ballata di Marcella» di Mauro Marcialis che narra la storia di
Marcella Di Livrano, prima tossicodipendente con una vita burrascosa,
poi collaboratrice di giustizia contro la Sacra Corona Unita,
scomparsa l'8 marzo 1990. Il suo corpo sfigurato sarà ritrovato solo
il 5 aprile in un bosco tra Brindisi e Mesagne. Uccisa per il suo
«tradimento», perché sapeva troppo e aveva cominciato a
collaborare con le forze dell'ordine, che purtroppo non sono riuscite
a proteggerla.
In appendice la «Breve storia
delle mafie in Puglia» di Antonio Nicola Pezzuto, una mappa
dettagliata dei clan della criminalità organizzata pugliese e
l'elenco delle vittime pugliesi innocenti di mafia, più di 60 «vite
spezzate» ricordate con un breve testo esplicativo. Uno stralcio dal
lungo elenco delle vittime innocenti di mafia, raccolto pazientemente
da «Libera» e forse ancora incompleto, che ogni anno viene letto
il 21 marzo, nel primo giorno di primavera, in ricordo di tutti
coloro a cui la mafia ha tolto la vita, per non permettere che venga
oscurato anche il loro ricordo.