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mercoledì 16 dicembre 2015

Comunicare con semplicità


Sono trascorsi quasi due mesi dal mio ultimo post su questo blog.
Nonostante i buoni propositi e vari idee sugli argomenti da affrontare non sono riuscito a mantenere l'impegno di pubblicare almeno un post alla settimana, considerato il minimo per una presenza costante, ma non invasiva sulla rete.
Mi scuso con i miei quattro lettori e con coloro a cui avevo promesso di dedicare uno spazio sul blog  e spero nelle prossime settimane di recuperare gli articoli rimasti in sospeso.


Riparto con un post sulla comunicazione, riprendendo brevemente alcuni consigli tratti dal capitolo "Suggerimenti per la redazione di testi chiari" del Codice di stile delle Comunicazioni scritte nelle Pubblica Amministrazione (Sabino Cassese 1994) , uno dei primi tentativi di semplificare e mettere ordine nella comunicazione della pubblica amministrazione, spesso caratterizzata da un linguaggio poco comprensibile per i cittadini.
Suggerimenti semplici, che mettono insieme efficacia e buonsenso, utili per chiunque si occupi di scrittura e comunicazione, in qualsiasi campo.

Per chi volesse approfondire la storia dei vari tentativi fatti finora per semplificare la burocrazia e la comunicazione all'interno della Pubblica Amministrazione consiglio il resoconto di Daniele Fortis e altri interessanti articoli e link presenti sul sito di Luisa Carrada.

http://images.slideplayer.it/1/540978/slides/slide_2.jpg
Le tappe della semplificazione della Comunicazione nella PA



Pensare in modo chiaro
Sembra banale, ma spesso si comincia a lavorare a un progetto senza aver ben chiaro cosa si vuole comunicare e a chi.
Perdere qualche minuto per chiarirsi le idee, dipanare eventuali dubbi, capire quale sia il messaggio che vogliamo trasmettere, può aiutarci a essere più comprensibili.
Spesso, invece, soprattutto nella comunicazione burocratica o in altri linguaggi tecnici specialistici, si tendono a ricopiare formule preconfezionate di cui si ignora il reale significato, tanto da non riuscire a volte a tradurle con termini più comprensibili.
In generale ogni progetto di comunicazione o scrittura procede meglio e più velocemente se viene prima progettato, pensato con cura.
Non occorre scendere nei particolari; a volte basta un semplice schema, una scaletta degli argomenti per evitare di dimenticare qualcosa o riprendere il filo del discorso dopo qualche divagazione.

Annotare a parte altre idee
Spesso nel corso della progettazione di un testo o nella fase di scrittura ci vengono in mente altre idee che possono arricchire l'argomento o evidenziarne i punti deboli. Divagazioni o critiche che a volte ci allontanano dal tema principale, facendoci perdere il filo del discorso.
Sarebbe bene annotare ogni altro spunto a parte, riprendendolo in un secondo momento, per non interrompere il flusso delle idee.
Consiglio di conservare momentaneamente anche le parti cancellate che potrebbero essere utili in seguito. Una divagazione ritenuta inappropriata per un certo testo, può magari fornire uno spunto di riflessione o di approfondimento per un lavoro successivo.
Molti autori raccolgono appunti, note, immagini che li hanno colpiti e che magari al momento non sanno come utilizzare.

Rileggere a distanza di tempo
Sarà capitato anche a voi di scrivere di getto un commento o un post per il vostro blog e dopo averlo pubblicato rendervi conto di aver commesso qualche stupido errore di battitura.
La fretta è sempre cattiva consigliera per cui, se possibile, dopo aver terminato di scrivere un testo (ricordatevi di salvarlo!) conviene riposarsi e lasciarlo riposare per qualche ora (oppure, qualche giorno, mese o anno, dipende dal lavoro e dal tempo a disposizione).
Poi, a mente fresca, rileggerlo e correggere tutti i refusi e le imperfezioni che a un primo sguardo non avevamo notato, riscrivere quelle parti che vi sembravano perfette e adesso non vi convincono più.
Le pause tra una revisione e l'altra aiutano il nostro cervello a recuperare in pieno la propria efficienza e a valutare quanto scritto con maggiore obiettività e distacco.
Rileggere dopo molto tempo un testo aiuta anche a limitare quello che io chiamo "l'effetto memoria", ossia la tendenza a non leggere quanto effettivamente compare sullo schermo o su carta, ma piuttosto ripassare la sua immagine ancora presente nella nostra mente, cosa che spesso ci impedisce di notare i refusi presenti.

Affidare la lettura a persone esterne
Chi si occupa di scrittura lo sa bene: tutti siamo bravi a trovare i refusi... degli altri, un po' meno i nostri.
Far leggere quello che scriviamo a persone esterne ci aiuta a stanare gli errori nascosti, ma soprattutto a valutare se e quanto il nostro testo sia comprensibile a tutti.
Soprattutto in caso di testi tecnici destinati al grande pubblico è importante che il lettore non sia una persona competente della materia, in modo da poter individuare i punti più oscuri che necessitano di un'ulteriore revisione.

Tradurre i termini specialistici con parole di uso comune
Ogni professione ha il suo gergo tecnico, compreso solo dagli addetti ai lavori e spesso se ne fa un uso esagerato, a volte solo per mettersi in mostra e sfoggiare la propria preparazione accademica.
I termini tecnici andrebbero usati solo quando realmente indispensabili o limitati alle conversazioni tra specialisti. Negli altri casi, soprattutto per testi destinati al grande pubblico, vanno sostituiti con parole di uso comune.
Nel Codice di Stile sono presenti molti esempi di riscrittura e semplificazione di moduli e documenti burocratici. Inoltre in appendice è riportato il Vocabolario di Base della Lingua Italiana compilato dal linguista Tullio De Mauro, un elenco delle 7000 parole indispensabili per conoscere la nostra lingua che andrebbe preso come riferimento per ogni lavoro di semplificazione.

Rendere immediatamente disponibili le parole chiave
Spesso nelle comunicazioni tecniche e burocratiche, si antepongono al testo lunghe e spesso noiose introduzioni prima di arrivare a definire le informazioni basilari: chi scrive, a chi è rivolto, qual è il messaggio principale.
Sarebbe invece utile, prendendo esempio dal linguaggio giornalistico, dare queste informazioni all'inizio del testo per permettere al lettore di comprendere immediatamente cosa gli viene comunicato o quali azioni gli viene chiesto di effettuare.
Il consiglio vale anche per i testi letterari dove andrebbero evitate le lunghe premesse o limitate le descrizioni particolareggiate di ambienti e personaggi che tendono ad annoiare il lettore e a spezzare il ritmo della narrazione.

giovedì 29 ottobre 2015

I viaggi di Tiziano Terzani 02




Nella prima parte dell'articolo/recensione dedicato al giornalista scrittore Tiziano Terzani ho parlato del suo strano periodo senza viaggiare in aereo raccontato in "Un indovino mi disse".
Dopo qualche anno Terzani ha dovuto affrontare una prova più impegnativa: dopo la scoperta di un tumore ha deciso di trasformare il suo lungo viaggio alla ricerca di una terapia alternativa in un reportage su usi, credenze e tradizioni dei paesi orientali e, soprattutto, in un cammino interiore per ritrovare la serenità, unico rimedio davvero efficace per affrontare ogni terapia e sperare di poter sconfiggere la malattia.


Un altro giro di giostra


Tiziano Terzani nel 1997, alla soglia dei 59 anni, scopre di avere un tumore e, su consiglio di un collega, parte per gli Stati Uniti per curarsi presso il MSKCC di New York, una clinica all'avanguardia nella cura del cancro.
Sceglie di partire da solo, nonostante le rimostranze di sua moglie Angela e dei suoi figli, trasferendosi in un monolocale in affitto, riducendo al minimo i contatti con gli altri.
Dopo tanti anni dedicati a indagare sulle vicende degli altri, a raccontare notizie da mezzo mondo, Terzani sente il bisogno di un periodo di riposo, di solitudine, lontano da guerre, rivoluzioni, alluvioni, terremoti,  di doversi occupare della propria vita.
"Finalmente ero libero" scrive di quel periodo, dedicato alle cure, alle corse nel parco, alla lettura, alla meditazione, alle chiacchiere occasionali con la gente comune, senza scadenze o impegni da rispettare.
Per non assistere allo stillicidio della perdita dei capelli dovuta alla chemioterapia sceglie di tagliarli a zero e di abbandonare il suo consueto abbigliamento orientale per una semplice tuta ginnica per non attirare l'attenzione e confondersi tra la gente comune.
Dopo le prime visite mediche, le prime cure,  Terzani si rende conto di non condividere l'approccio dei medici, focalizzati solo sulla malattia, sui sintomi e le terapie, senza mai guardare alla persona nella sua interezza, considerata solo come una macchina rotta da riparare.
Ripensa alle massime di saggezza sentite da tanti personaggi incontrati nel corso del suo lavoro, agli strani guaritori incontrati sul suo cammino e, approfittando di un periodo di pausa di tre mesi tra i cicli di terapia, decide di affrontare un nuovo viaggio, di concedersi un altro giro di giostra, alla ricerca di cure alternative per il proprio tumore.
Non perde fiducia nella medicina occidentale, nei medici-aggiustatori di New York, come lui li definisce scherzosamente, cui ha comunque affidato la propria sopravvivenza, ma sente che manca ancora qualcosa, una visione "olistica" come si dice adesso, che non lo consideri solo un insieme di organi da curare, ma come una persona che soffre.
Parte per l'India, la Thailandia, le Filippine, Boston, Hong Kong, Benares; si spinge fin sulle cime dell'Himalaya alla ricerca di una cura, ma soprattutto per disintossicarsi dalle medicine, dalla mentalità consumistica occidentale e ritrovare la propria pace interiore, rafforzata dalla pratica di yoga, meditazione, reiki e altro.
Incontra medici e guaritori di ogni genere, prova strane pozioni e trattamenti miracolosi, raccogliendo in ogni luogo voci discordanti sulla reale efficacia di tali terapie. Un viaggio personale, alla ricerca di un rimedio per il suo tumore, che diventa una sorta di reportage sulle medicine alternative.
Fino a rendersi conto che forse la cura non è tanto nei rimedi, nelle medicine, ma nella fiducia in chi la propone, in quel rapporto speciale che si crea tra medico e paziente che rende plausibile e, a volte, efficace qualunque cura.
In questo viaggio fisico e interiore alla ricerca della purificazione intraprende vari percorsi spirituali, in cui coniuga il suo atteggiamento scettico, che lo tiene al riparo dai ciarlatani, con un profondo rispetto per le altre tradizioni religiose, lavorando con umiltà, senza mai far pesare il fatto di essere un noto giornalista occidentale.
Per un periodo sceglie addirittura di diventare "Anam", il Senzanome, mettendo da parte nome, professione, ricordi, si ritira in uno spartanissimo ashram, dedicandosi allo studio dei classici dell'induismo e al canto degli inni vedici.
In questo libro si intrecciano introspezione, ricerca interiore e cronaca di usanze e credenze dei paesi orientali. Un continuo confronto tra oriente e occidente, senza mai schierarsi in favore dell'uno o dell'altro, arricchito da tanti aneddoti, incontri, storielle curiose per riflettere sui diversi modi di affrontare la malattia e la vita in generale.
Terzani riflette anche sulla solitudine di chi soffre, l'incomprensione di amici e parenti, l'indifferenza di tanti nei confronti dei malati, i sogni e le speranze di chi cerca comunque una strada per guarire.
Comprende la necessità di unire le moderne cure occidentali all'antica saggezza orientale, all'omeopatia e altre cure alternative.
Insiste sulla differenza di approccio tra occidente, focalizzato sulla cura della malattia, del singolo organo malato, e oriente che punta invece sulla cura dell'intera persona, unendo alla cura del corpo la ricerca del proprio equilibrio interiore.
Terzani è molto bravo a raccontare, unendo elementi di tradizioni religiose e culturali diverse, scrutando con l'occhio attento di chi riesce a vedere quei piccoli particolari che i più ignorano, narrando con ricchezza di particolari le storie e leggende locali e aiutandoci a conoscere meglio quei mondi per noi così lontani.
Offre un ritratto realistico dell'India, con tutte le sue contraddizioni, i suoi miti, la sua millenaria saggezza messa in pericolo dalla crescente modernizzazione.
Racconta di come sia cambiata negli anni, di come il Tibet, un tempo meta privilegiata di chi cercava una purificazione interiore, oggi stia diventando solo una fonte di spiritualità d'elite, ad alto costo.
Durante il suo viaggio Terzani si affida  alle terapie più disparate, mantenendo sempre un sano scetticismo di fondo che gli consente di individuare le bufale, ma forse, nota a volte, gli impedisce anche di immergersi completamente nella cura, di farla divenire efficace.
Spesso sottolinea la propria difficoltà a identificarsi con il gruppo degli altri "malati" e ad accettare l'idea della propria morte, la difficoltà di andare oltre gli schemi mentali, le abitudini, di accettare modi di rapportarsi alla realtà tanto diversi dalla mentalità europea. La difficoltà di andare oltre il consueto autocontrollo e scetticismo, oltre i propri limiti caratteriale, di fidarsi di chi gli propone cose apparentemente senza senso.
Ironizza sulle consuetudini mediche che considerano un paziente "guarito" se è ancora vivo a cinque anni dalla malattia, dimenticando chi è morto dopo sei o sette anni.
In questo percorso di purificazione nascono alcune scelte che hanno caratterizzato i suoi ultimi anni: diventare vegetariano, meditare e imparare l'importanza del silenzio, fare yoga, distaccarsi periodicamente dalla vita consueta per rifugiarsi sulle pendici dell'Himalaya.
Un isolamento che abbandonerà solo nell'ultimo periodo per dedicare le sue ultime energie per diffondere un messaggio di pace in sintonia con la campagna Fuori l'Italia dalla guerra promossa da Emergency e altre associazioni pacifiste.

Per approfondire


Gino Strada e Tiziano Terzani durante la campagna Fuori l'Italia dalla guerra



lunedì 19 ottobre 2015

I viaggi di Tiziano Terzani 01


In genere evito di consigliare libri di autori molto noti, sia perchè già ampiamente pubblicizzati da altri più competenti di me, sia perchè spesso i best seller non offrono testi all'altezza dell'efficace campagna promozionale che li sostiene.
Ho letto recentemente due libri del giornalista Tiziano Terzani (Un indovino mi disse e Un'altro giro di giostra) che mi sono piaciuti molto e mi è sembrato giusto dedicare loro qualche riga anche per la particolarità di questi viaggi fisici e interiori nello stesso tempo, alla scoperta di luoghi lontani, ma anche del proprio io.

Vista la lunghezza dell'articolo, ho preferito dividerlo in due parti.


Tiziano Terzani
Tiziano Terzani è stato un bravo giornalista-scrittore, per anni corrispondente estero del settimanale tedesco Der Spiegel, testimone diretto,  "scomodo e non schierato", di molti avvenimenti che hanno cambiato la storia.
Un personaggio fuori dagli schemi, che parlava molte lingue e riusciva a essere sempre se stesso, sia davanti ai potenti della terra che di fronte alle persone più umili che incontrava.
Negli ultimi anni aveva anche assunto un abbigliamento e stile di vita orientale che mi ha sempre incuriosito. All'inizio pensavo che il suo vestirsi sempre tutto di bianco, con una lunga barba bianca "da santone", fosse solo un vezzo per farsi notare. Poi, leggendo i suoi scritti, ho capito che invece era parte di uno stile di vita, un modo per non sentirsi straniero, estraneo ai paesi e ai popoli con cui veniva in contatto, pur mantenendo sempre la sua identità italiana.
Il suo aspetto orientale e la conoscenza delle lingue locali gli hanno spesso permesso di arrivare in luoghi altrimenti inaccessibili per un occidentale, ma anche destato sospetti e causato problemi con le autorità locali.
Dichiarò una volta di aver cominciato a scrivere libri per riappropriarsi dellla propria lingua dopo aver vissuto in tanti paesi diversi e scritto per anni solo in tedesco. Una vasta produzione letteraria, che comprende libri ambientati in paesi e tempi diversi, reportage giornalistici e note biografiche, ai primi posti nelle classifiche di vendita anche a parecchi anni di distanza dalla sua morte.

I due testi che ho avuto modo di leggere finora raccontano due periodi particolari di Terzani, l'anno in cui scelse di non utilizzare l'aereo e il lungo viaggio alla ricerca di una cura alternativa per il tumore che lo aveva colpito.
Pur essendo opere indipendenti, consiglio di leggerle secondo l'ordine cronologico per poter apprezzare meglio i rimandi tra le due opere e i personaggi comuni.

Un indovino mi disse


Un indovino mi disseNel 1976 Terzani si trova a Hong Kong e un vecchio indovino cinese lo avverte di evitare di volare nel 1993 per evitare un grave pericolo.
Una predizione precisa, che parla di un rischio abbastanza usuale per un inviato di guerra abituato ad affrontare ogni difficoltà, che rimane per anni nascosta nel suo cuore. Negli ultimi mesi del 1992 il pensiero torna insistente a quelle parole e inspiegabilmente lo scettico Terzani decide di prendere sul serio quella profezia.
Una decisione non facile da spiegare agli altri, forse neanche a se stesso, che stravolge completamente i suoi ritmi di vita e di lavoro, imponendogli l'uso di mezzi di trasporto alternativi: macchina, treno, nave. Una scelta originale, per alcuni forse folle, che fortunatamente viene condivisa dal suo giornale che gli permette questo ritorno al passato, non privo di oggettive difficoltà: tornare a valutare i tempi e le distanze, prevenire gli imprevisti e gli ostacoli sul cammino.

Muoversi lentamente gli consente però di vedere le cose in maniera diversa, di riscoprire l'incontro con la gente comune, fare conoscenze interessanti, sfruttando la sua padronanza delle lingue locali. Gli permette soprattutto di riscoprire la vita reale dei posti visitati, lontano dall'omologazione  di alberghi e aeroporti, ormai identici in tutto il mondo, di cogliere piccoli particolari che in genere la fretta ci porta a ignorare.

In questo viaggio Terzani aggiunge anche una sua personale ricerca dei migliori maghi, indovini, veggenti di ogni paese visitato, alla ricerca di notizie sul proprio futuro; un mosaico di predizioni, terapie e consigli, raramente coincidenti tra loro e di strani personaggi, maghi, indovini, guaritori, offrendo un ampio spaccato delle credenze, leggende e superstizioni dei vari popoli.
Il suo atteggiamento leale, che unisce ironia e scetticismo toscano e rispetto delle tradizioni locali, viene apprezzato dagli interlocutori, che cominciano anche a parlare della loro vita, della loro storia.
In certi momenti sembra che i ruoli si ribaltino e Terzani, pur non presentandosi quasi mai come giornalista, riesce a fare delle vere e proprie interviste, dei ritratti delle persone incontrate.
Tornando in posti già visitati in passato riesce anche a offrire un quadro preciso dei cambiamenti avvenuti nel frattempo, spesso notando con amarezza quanto l'oriente mistico si stia oggi omologando alla modernità, facendo morire le proprie antiche tradizioni e omologandosi all'occidente.

Arricchiscono il testo una serie di aneddoti tratti dalla sua lunga esperienza in Asia, il racconto dei dialoghi con gente comune e personaggi famosi, di storie e leggende locali.
Laos, Thailandia, Birmania, Malesia, Malacca, Singapore, Sumatra, Cambogia, Vietnam, Cina, Mongolia, Russia, Inghilterra; tanti i paesi incrociati in questo viaggio particolare, dovendo spesso compiere lunghi giri e affrontare ostacoli burocratici per poter arrivare a destinazione.


Continua...





domenica 27 settembre 2015

Tropical weird (Allison J. Wade)


Negli ultimi anni molti autori/autrici italiani di talento sono stati "costretti" ad adottare un nome "anglofono" per farsi notare sul mercato internazionale e, talvolta, per riuscire a essere apprezzati anche nel nostro paese,  quasi obbligati dalle politiche miopi di molti editori, che, per non correre rischi, puntano ormai solo sui nomi già famosi o su autori stranieri
Una decisione dettata dall'esigenza di ampliare i propri orizzonti, aprendosi ai mercati internazionali, ma forse anche da un po' di delusione per l'editoria italiana che spesso accoglie a priori tutto quel che arriva d'oltreoceano, senza badare troppo alla qualità, trascurando e bistrattando validi autori nostrani.
Qualcuno ha anche scelto di scrivere principalmente in inglese, un percorso che richiede coraggio e molta preparazione, come Allison J. Wade, pseudonimo odierno di una brava scrittrice italiana, a mio parere poco valorizzata dalle case editrici con cui ha collaborato finora, nonostante il suo indubbio talento.
Vi invito a visitare il suo nuovo sito The Lost Memories of Allison Wade, dove potrete trovare altre interessanti storie, scritte principalmente in inglese, oppure il suo blog italiano Wade Books Italia.



Tropical Weird - copertina di Thalisart

Tropical Weird è un racconto lungo di Allison J. Wade, etichettato in genere come horror anche se a mio parere racchiude anche elementi fantascientifici che lo aprono a prospettive più ampie. 
Inizialmente è stato presentato su Amazon in lingua inglese e solo recentemente anche nella versione italiana che ho avuto modo di leggere e apprezzare. 
Un libro ben scritto, una lettura appassionante che coinvolge anche emotivamente, sconsigliato solo alle persone più impressionabili per alcune scene cruente. 
La storia si svolge su un'isola tropicale al largo delle Filippine, dove la Future & Hope ha impiantato la Toho Special School, una scuola superiore per "studenti speciali", reclutati in tutto il mondo tramite un misterioso test. Nessuno sa cosa renda speciali questi studenti, in apparenza del tutto simili ai loro coetanei; spesso anche loro se lo chiedono e non comprendono perché qualcuno abbia speso tanti soldi per farli vivere e studiare su quell'isola sperduta.
Il racconto si apre con una bella immagine, quasi poetica, una pallottola silenziosa che fischia nell'aria rovente fino a che incontra un ostacolo, aprendosi come un fiore.
Ci vuole qualche istante per rendersi conto che l'ostacolo incontrato è il seno della giovane Rika, che quelle parole ci stanno raccontando il suo assassinio, l'inizio di una strage incomprensibile, pianificata in maniera fredda, senza un'apparente ragione.
Rika "muore soltanto", senza neanche rendersi conto di quel che le sta accadendo, neanche il tempo di chiedersi perchè qualcuno le ha sparato, spezzando come un fiore reciso la sua giovane vita. Fortunata forse, perchè non ha dovuto vivere il terrore e il panico dei suoi compagni, braccati come galline in un pollaio, uccisi uno dopo l'altro, senza alcuna pietà.
Misteriosi uomini vestiti di nero, forse terroristi o killer mercenari, sbucano all'improvviso mentre i ragazzi stanno tranquillamente affrontando una giornata normale, fatta di lezioni, interrogazioni, piccoli amori e amicizie. 

Avanzano minacciosi secondo precisi schemi militari, classe per classe, sparando senza pietà agli studenti della scuola che fuggono in ogni direzione, senza una meta, senza una speranza di vita.
La narrazione è suddivisa in capitoli con un titolo esplicativo, come in un romanzo; l'autrice procede rapidamente per piccoli quadri d'insieme, pennellate rapide che tratteggiano brevemente i luoghi e i personaggi principali, delineandone con precisione le caratteristiche, senza dilungarsi in approfondimenti superflui.
Rika, Sophie, Yu, Aiko, Bansi, Pavan, Sasha, Aruma, Hideo Sasaki, Fah, Kim, Quan, Stan, Bina. Qualche nome compare solo per un istante, alcuni per più capitoli, ma riusciamo a percepire le loro storie, il loro essere persone differenti in base a pochi dettagli. Spesso non si ha neanche il tempo di conoscere meglio un personaggio che già lo ritrovi morto, spazzato via da un tragico tiro al bersaglio.
Un ritmo veloce, rapido come un'operazione militare, che immerge il lettore insieme ai protagonisti in un'atmosfera da incubo, in cui convivono incredulità, stupore, paura e istinto di sopravvivenza, senza dargli il tempo di riflettere, di porsi qualunque interrogativo, di affezionarsi a qualche personaggio, di rendersi conto di quel che accade o provare a comprenderne le ragioni.
Anche il lettore si sente braccato, sotto tiro, senza via d'uscita, vede dappertutto misteriosi uomini in nero che avanzano minacciosi sparando su chiunque senza pietà e apparentemente senza una ragione.
Una sensazione di ansia e poi un sospiro di sollievo quando ci si rende conto di essere invece al sicuro davanti al proprio ereader.
Solo finzione, solo una storia che fa riflettere. Resta comunque un nodo alla gola pensando alle tante vicende simili accadute purtroppo in questi anni in varie parti del mondo.
Nel testo non c'è mai un elogio della violenza, narrata in tutta la sua cruda realtà, in maniera quasi asettica, vista piuttosto come qualcosa di ineluttabile, un male oscuro che incombe sugli inconsapevoli studenti, impegnati nella loro normale vita e attività scolastica. Perfino i mercenari, abituati a ogni lotta e crudeltà, alla fine provano ribrezzo per quello che hanno appena fatto, un inutile pentimento tardivo che è parte del loro mestiere, degli incubi con cui ogni notte devono convivere. In fondo è solo il loro lavoro e tutti pensano solo a tornarsene al più presto a casa e dimenticare quell'altro orrore.

Solo pochi involontari superstiti avranno il tempo di tentare una fuga, di provare a sopravvivere e a capire le vere ragioni del massacro. Mi è piaciuta molto la frase finale (che non posso riportare per evitare spoiler), che forse lascia qualche spiraglio per un eventuale seguito. E per la speranza.


Titolo: Tropical Weird
Autore: Allison J. Wade
Traduttore: Allison J. Wade
--- versione inglese
ISBN vers. ENG: 9781516352036
ASIN vers. ENG: B00XNBIUG4
Scheda ebook: Amazon | iTunes | Kobo | Barnes&Noble | Oyster | Inktera | Scribd| LaFeltrinelli

--- versione italiana 
ISBN vers. ITA: -
ASIN vers. ITA: B0117FN2II
Scheda ebook: Amazon |




domenica 20 settembre 2015

Modifiche al blog




Negli ultimi mesi ho un po' trascurato la scrittura, lasciando passare parecchie settimane tra un articolo e l'altro.; oltre alle normali incombenze quotidiane che spesso costringono a rimandare l'appuntamento con il blog, ho cercato di recuperare le tante letture in arretrato e (saltuariamente) mi sono dedicato  alla sistemazione di alcune parti di questo sito.
Cambiamenti forse non appariscenti che mirano a dare una struttura più razionale al sito e renderlo più efficiente. E ancora c'è tanto da fare.  ;-)

Per condividere il resoconto di queste modifiche senza appesantire il blog con post forse poco interessanti per i normali lettori, ho pensato di creare la pagina Revisioni blog, una specie di diario delle trasformazioni subite nel tempo da questo sito, sia a livello grafico che di contenuti. 
Condivido in coda il primo aggiornamento, con le modifiche realizzate finora. 

Dalla prossima settimana dovrei riprendere la normale programmazione del blog, cercando di inserire almeno un post settimanale.
Spero che abbiate comunque apprezzato gli articoli scritti finora e che vogliate continuare a seguire questo piccolo spazio.





Aggiornamento 18/09/2015

Varie le modifiche realizzate nelle ultime settimane, a cominciare dal nuovo elegante banner in cima alla pagina e dalla progressiva semplificazione del menù principale, posto ora su una sola riga.
Ho spostato le altre voci in uno spazio laterale a sinistra; col tempo valuterò se accorpare o eliminare quelle diventate inutili. 

pagina Contatti
Tolti dallo spazio laterale sinistro i link per i feed RSS e Bloglovin', riuniti tutti nella pagina Contatti e ricontrollati.

sezione Libri che mi sono piaciuti
Accorpate le sezioni Libri che mi sono piaciuti e Recensioni, che condividevano molte voci.
Preciso che non tutti i libri che mi sono piaciuti hanno avuto una loro recensione.
In coda all'elenco ho inserito un'appendice dedicata ai libri (recensiti) che non mi hanno particolarmente convinto.

sezione Dove comprare
Racchiuso su una sola pagina l'elenco dei miei libri e dei principali posti dove potete acquistarli o leggerli in abbonamento; per ogni testo presente titolo e copertina che rimandano alla scheda dedicata e un link per l'acquisto del volume tramite il servizio Streetlib store.
Le schede di ogni testo contengono anche una breve anteprima di una ventina di pagine, utile per farsi un'idea del testo prima dell'acquisto.

sezione Altre librerie online (già  Altri Store)
Rinominata la pagina Altri Store in Altre librerie online in linea con l'iniziativa Dillo in italiano, finalizzata a usare il meno possibile le parole inglesi non indispensabili. Per motivi di spazio nei testi continuo comunque ad usare link (collegamento) e store (negozio/libreria online). 
Sostituito al lungo elenco degli store presente in coda ad ogni scheda il link alla pagina Altre librerie online (altri store online) che racchiude l'elenco completo e aggiornato periodicamente dei link diretti per l'acquisto di tutte le mie opere ed è raggiungibile anche dalla pagina Dove comprare.

sabato 5 settembre 2015

Esce Terre di Confine 4

Disponibile on line il nuovo numero di Terre di Confine, rivista di cultura fantastica curata da Massimo De Faveri in collaborazione con Plesio Editore, sempre accurata graficamente e ricca di interessanti contenuti.

La rivista può essere letta online dall'omonimo sito Terre di Confine oppure tramite il widget riportato qui sotto

  

 

 

 



lunedì 24 agosto 2015

Come nasce una (mia) recensione



Nel tentativo di semplificare il blog, eliminando le parti superflue, ho recentemente deciso di accorpare le sezioni Libri che mi sono piaciuti e Recensioni, nate inizialmente con scopi diversi.
La prima per raccogliere un elenco dei libri letti che mi erano particolarmente piaciuti e che consigliavo agli altri, la seconda per riunire i testi di cui avevo scritto un mio commento su questo blog (e su BraviAutori o altri siti).
Dato che spesso gli elementi dei due elenchi coincidevano, ho ritenuto opportuno integrarli, con una grafica comune, aggiungendo in coda a parte quei testi recensiti che non mi avevano particolarmente convinto.
Approfitto dell'occasione per tornare sul tema delle recensioni (già affrontato in un altro articolo) e condividere qualche considerazione.

La ricerca ossessiva della recensione
La lettura immerge in nuovi mondi
Le recensioni sono per ogni scrittore una fonte di gioie e di dolori.
Alcuni dicono di non darci troppa importanza, altri le cercano spasmodicamente, spammando senza ritegno i loro titoli su qualsiasi sito/blog/profilo Facebook, alcuni sembra quasi che le collezionino, come se avere cento recensioni positive, praticamente identiche tra loro, fosse da solo indice di successo.
Fa piacere a tutti, indubbiamente, leggere commenti (possibilmente positivi) sul proprio scritto, sapere che qualcuno ci ha letti, ha perso un po' del proprio tempo sulle nostre sudate pagine.
Qualcuno dice che i commenti positivi siano inutili perché alimentano solo l'ego dell'autore senza mettere in luce eventuali difetti.

In parte sono d'accordo, soprattutto ritengo inutili i commenti entusiastici spesso inseriti sui siti web o nelle fascette dei libri: cose come "l'autore del secolo", "il libro dell'anno", "un capolavoro assoluto", "il nuovo NomeAutoreFamoso", etc. Parole ormai abusate e perciò svuotate di ogni significato che a mio parere finiscono per svalutare il testo perchè non aggiungono nessuna informazione utile al lettore, non gli danno nessun motivo valido per leggere quel libro piuttosto che un altro.
Personalmente in genere evito i libri enfatizzati in questo modo perchè spesso oltre la fascetta non c'è niente, non c'è un libro valido, ujn contenuto ma solo una ricca campagna pubblicitaria.
Nello stesso modo pubblicizzare troppo il proprio testo o richiedere recensioni a tutti potrebbe avere un effetto negativo sul potenziale lettore/recensore, spingendolo piuttosto a ignorare le nostre richieste, segnalare il nostro account per spam  o addirittura a parlare male dell'autore troppo insistente.

I commenti negativi fanno male, soprattutto quelli scritti solo per demolire l'autore senza spiegare cosa non è piaciuto, nè offrire consigli utili per migliorare.
Bisogna comunque sempre accettarli con umiltà, evitando polemiche inutili, e possibilmente farne tesoro per cercare di migliorare il proprio modo di scrivere. Tutti commettiamo degli errori, soprattutto agli inizi: qualche refuso, qualche svista grammaticale o ingenuità nella trama o nella narrazione.
Alcuni autori comunque hanno saputo sfruttare i loro presunti difetti per creare uno stile personale, riconoscibile, diverso da quello di tutti gli altri.

Le classifiche di vendita
Molti autori si fanno in quattro per accumulare recensioni e risalire le classifiche su Amazon o altre librerie online, spesso dando meno peso al lavoro di scrittura e revisione, quasi che cercare di proporre un buon prodotto fosse solo un fattore accessorio e non un dovere verso i propri lettori.
Nati come un utile strumento di vendita di libri e condivisione di pareri letterari, questi siti per molti sono diventati solo uno squallido strumento di marketing.
Alcuni autori usano amici compiacenti per scrivere (o spesso si scrivono da soli) commenti entusiastici per attirare l'attenzione sul loro testo o per risalire le classifiche di vendita.

Qualche anno fa ho potuto verificare personalmente l'inconsistenza delle classifiche di Amazon: per un caso due amici separatamente avevano acquistato online nello stesso giorno una copia di un mio libro di poesie  e magicamente il titolo era schizzato ai primi posti nella classifica dedicata, accanto a classici e poeti affermati.
All'inizio avevo accolto la notizia con piacere, quasi con orgoglio, poi mi sono reso conto di come fosse facile manipolare i risultati, senza neanche ricorrere a pratiche scorrette, semplicemente concentrando tutte le vendite in un breve periodo.

Molti autori infatti approfittano delle periodiche promozioni gratuite offerte dal sito per risalire le classifiche di vendita.
Essere ai primi posti, anche solo per qualche giorno, a volte influisce su quei lettori che in buona fede comprano i libri in alto in classifica credendoli i migliori, aumentando le vendite e perpetuando la posizione in classifica, indipendentemente dalla qualità del testo.
Consiglio sempre di diffidare delle classifiche e dei commenti; meglio piuttosto leggere le anteprime gratuite fornite ormai da quasi tutte le librerie online per farsi un'idea del testo che andiamo ad acquistare. Un libro si valuta dal contenuto, quasi mai dalla bella confezione.

Leggere il libro da recensire
Sembra scontato, ma spesso si leggono in rete recensioni fatte senza aver mai letto il libro in questione o avendone assaporato solo l'incipit o le prime pagine.
I libri sono tanti, il tempo per leggere poco e magari non si vuole scontentare nessuno. Così capita a volte che si scriva di un testo solo per sentito dire, leggendo qualche pagina, pescando da altri commenti già presenti in rete o rielaborando in maniera creativa la quarta di copertina.
I risultati a volte sono buoni, quasi indistinguibili dalle vere recensioni; un espediente possibile soprattutto se il testo è già molto noto e ne esistono altri commenti, ma che ci espone da un lato all'accusa di plagio (se la copia è troppo spudorata), dall'altro a una pessima figura (se smascherati).
Basta solo che un lettore pignolo, conoscendo il libro in questione, ci chieda chiarimenti su qualche frase sibillina o ci faccia notare di aver scritto delle baggianate per far emergere la verità.

Scrivere di un libro, di un film, di uno spettacolo o di un evento qualsiasi senza averlo mai visto mi sembra un'offesa al lettore; meglio piuttosto rimandare la recensione o rinunciarci, spiegando magari le nostre motivazioni. Meglio non scrivere per qualche giorno,  piuttosto che mettere insieme pagine arrangiate pur di riempire qualche schermata ad ogni costo.
Qualcuno dice che la scrittura dovrebbe impegnarci ogni giorno, diventare quasi come un lavoro, ma mi sembra evidente che non sempre questo sia possibile. Spesso la vita ci impone altri ritmi, altre priorità, ci costringe a dedicare il nostro tempo ad altre cose, sacrificando le nostre passioni.
Scrivere non è un hobby, intendiamoci, richiede costanza e sacrificio, ma un lavoro, lo dimenticano in molti, presuppone anche una retribuzione e non solo la soddisfazione di avere creato qualcosa di bello.

Come preparare una recensione
Non esiste una ricetta unica, ciascuno si organizza in modo personale anche in funzione del genere e della lunghezza del libro da esaminare.
C'è chi preferisce leggere interamente il libro e solo alla fine cominciare ad abbozzare un commento, chi lo scrive pian piano in parallelo alla lettura del libro, stilando puntualmente un resoconto capitolo per capitolo.
Io consiglio di leggere tenendo a portata di mano un quaderno o qualche foglio di carta per prendere velocemente qualche appunto, senza distogliersi troppo dalla lettura, da usare come riferimento in fase di stesura del commento. Poche righe, qualche parola o frase, materiali che poi non sempre vengono effettivamente utilizzati tutti, ma comunque aiutano a tenere memoria di quanto letto, evitando di dover ogni volta tornare sui alcuni punti che non ricordiamo bene.
Se si legge in cartaceo meglio allegare a ogni appunto il relativo numero di pagina per poterla ritrovare velocemente. Gli ebook invece offrono delle comode funzioni di ricerca: inserendo qualche parola o frase particolare si può risalire rapidamente al contesto. Oppure si possono ulilizzare i classici segnalibri cartacei o digitali.

Non avere fretta
Un'altra cosa importante è non avere fretta di scrivere tutta la recensione subito, magari a caldo appena terminata la lettura del libro, quando sembra che le riflessioni e le parole sgorghino di getto.
Errore che ho spesso fatto anch'io, credendo di velocizzare i tempi

Meglio lasciar passare un po' di tempo, anche solo qualche ora per permettere a quanto letto di sedimentarsi in noi e riuscire a vederlo con maggiore obiettività. Non troppo, chiaramente, perchè altrimenti la memoria vacilla e si perdono alcuni riferimenti (per questo è sempre utile avere degli appunti sottomano).
Una cosa importante è anche tenere nota dei nomi dei personaggi e luoghi principali per evitare di confonderli durante la scrittura della recensione. Per romanzi molto lunghi e articolati consiglio comunque un altro controllo veloce prima della stesura finale.

Dare un giudizio comunque ?
Come comportarsi se il libro da recensire non ci è proprio piaciuto?
Può capitare, ognuno di noi ha gusti, esigenze e sensibilità differenti e quindi a volte uno stesso libro può raccogliere contemporaneamente consensi e stroncature, piacere al pubblico e non alla critica o viceversa, etc.
Alcuni recensori preferiscono dare un giudizio solo se il  libro è piaciuto per evitare di mettere in cattiva luce chi lo ha scritto e per non sottrarre tempo a testi più meritevoli.
Altri si esprimono comunque, dicendo quello che pensano, per onestà intelletuale o per puro gusto della polemica, dando vita spesso a flame infiniti con autori troppo suscettibili,  che purtroppo a volte sfociano in attacchi personali.

Diario delle letture
Scrivere commenti mi serve soprattutto per tenere traccia dei libri che ho letto e gradito, una sorta di diario delle letture migliori che poi consiglio anche a chi mi segue, sempre con l'avvertenza che si tratta di giudizi personali e non di recensioni scritte da un professionista.
Se un libro non mi è piaciuto in genere evito di esprimere giudizi; al limite se conosco l'autore gli scrivo in privato per spiegargli  quali sono state le parti che ho gradito e quelle che non mi hanno convinto. Senza troppe pretese.
Come autore comprendo il desiderio di ricevere recensioni, l'amarezza per il silenzio attorno al proprio capolavoro (per un autore resta tale anche se tutti lo demoliscono, come un figlio un po' ribelle) che fa venire qualche dubbio, a volte motivato, sulle proprie capacità espressive.
Finora mi è capitato di ricevere una sola recensione, dopo uno scambio di letture con un altro autore, che metteva in luce anche alcuni aspetti negativi del mio testo, difetti su cui dovrò lavorare per i lavori successivi.
Una critica motivata può aiutare a crescere e a volte confrontarsi con i lettori ci permette di trovare strade nuove per esprimere le nostre sensazioni. Inutile chiudersi in difesa del proprio testo o accusare il lettore di non capirci. Se il messaggio che volevamo trasmettere non arriva a tutti la responsabilità è anche nostra.

Il mercato delle recensioni
Da alcuni anni proliferano i blog a tema letterario, segno che il libro non è ancora morto nonostante le politiche miopi di alcuni editori, e molti blogger si dedicano anche alla promozione dei nuovi autori attraverso la creazione di schede o vetrine dedicate alle nuove uscite o la scrittura di recensioni.
Alcuni autori inondano tutti i blog esistenti (e sono davvero tanti) di richieste di recensioni per farsi conoscere, ottenendo spesso  buoni risultati in termini di visibilità, ma rischiando di ricevere tanti commenti simili concentrati in un breve periodo o di essere etichettati come spammer.
E di perdere potenziali lettori inviando per la recensione troppe copie dei loro ebook o testi cartacei.
Il modo di porsi, di richiedere la recensione, la troppa insistenza, insieme al tempo disponibile e agli impegni pregressi determinano poi il normale evolversi di questi rapporti di collaborazione.
La maggior parte di questi siti offrono il loro spazio gratuitamente, chiedendo all'autore solo di fare pubblicità al proprio portale, nel reciproco interesse.
Spesso gli autori sono anche blogger per cui si crea un circolo di collaborazioni, scambio di letture e reciproche recensioni, in cui ciascuno promuove anche le opere degli autori amici.
Niente di male, soprattutto se fatto alla luce del sole. Sappiamo tutti che gli autori indipendenti faticano a farsi notare e darsi una mano a vicenda, mettendo da parte rivalità e invidie, a volte e a volte l'unico modo per trovare degli spazi nelle ristrette maglie del mercato editoriale.
Il rovescio della medaglia è che molti lettori tendono a sottovalutare le opere presentate perchè pensano che nella rete di reciproche recensioni ci sia spazio solo per commenti positivi e che non tutti i libri proposti meritino davvero di essere letti.
Chissà perchè nessuno si pone la stessa questione quando autori, conduttori, opinionisti e giornalisti noti fanno rete nello stesso modoper promuoversi su giornali e televisioni.
In effetti questo tipi di scambi espone ad alcuni rischi:
  • le recensioni sono considerate a priori troppo benevole o etichettate frettolosamente come semplici spot pubblicitari di opere non sempre all'altezza
  • chi scrive una recensione positiva per un autore amico si aspetta un trattamento analogo da parte dei colleghi e non sempre accdetta serenamente eventuali critiche.
  • una recensione negativa o solo un po' critica viene percepita dall'autore come un attacco personale, un segno dell'invidia di chi scrive il ommento, generando discussioni infinite
  • alcuni recensori, per evitare problemi, evitano o ritardano ogni commento a opere di autori che conoscono, aspettando magari che qualcun altro si esponga prima.
Ricevere una critica non piace, è naturale, ma è sbagliato prenderla come un attacco personale o solo pensare di poter piacere a tutti. Possiamo aver scritto un libro bellissimo, ma ci sarà sempre qualcuno che non gradirà la trama, il genere, lo stile perchè magari abituato a leggere altro. Credo che a tutti sia capitato di leggere un libro, osservare un quadro o ascoltrare una musica e poi commentare "L'autore è bravo, ma non è il mio genere" che significa "apprezzo il tuo talento, ma non ho gli strumenti per giudicarlo.in maniera obietiva. Ogni lettore ha gusti e sensibilità personali differenti e, per fortuna, il pubblico non può essere omologato come un'entità unica.

Consiglio ancora di usare le recensioni come primo contatto con autori che non conosciamo, senza farci circuire da commenti eccessivamente entusiastici, affidandoci invece alla lettura diretta dei testi, l'unico mezzo valido per comprenderne il reale valore.
Un metodo che andrebbe sempre applicato, anche in ambito scolastico, dove spesso di ci affida più all'autorità dei critici e alle loro opinioni su un autore che alla conoscenza e lettura dei testi.

Concludo mettendo in guardia gli autori dai alcuni siti che offrono recensioni a pagamento,
Capisco che in tempo di crisi molti cerchino di far fruttare anche economicamente le proprie passioni,  chiedendo un corrispettivo in cambio del servizio offerto. Alcuni fanno anche un buon lavoro, chiedendo magari in cambio una piccola somma, presentata come rimborso spese per l'onere della lettura.
In generale meglio evitare le recensioni a pagamento, spesso ospitate su siti  "civetta", che restano online giusto per il tempo necessario per intascare i soldi, sparendo magicamente senza realizzare alcuna recensione.
A mio parere sono comunque una doppia fregatura:
  • per l'autore, costretto a pagare un commento su commissione, spesso redatto in fretta o magari usando lo stesso schema, ripetendo gli stessi concetti, proponendo recensioni fotocopia dove tutti sono "la rivelazione dell'anno" e variando soltanto titolo e autore.
  • per il pubblico perché generalmente una recensione a pagamento è sempre positiva, indipendentemente dal reale valore del testo, per cui sono solo parole inutili. Alcuni recensori "più seri" comunque si riservano il diritto di poter anche scrivere note negative, offrendo forse  una maggiore garanzia al lettore, ma vanificando l'investimento economico e di immagine dell'autore.
Meglio affidarsi sempre a siti conosciuti, possibilmente presenti in rete da tempo e con una reputazione consolidata, esaminando le recensioni già realizzate prima di chiederne una, per  valutarne la qualità.
E fare marcia indietro alla prima richiesta di denaro! ;-)

venerdì 24 luglio 2015

Streetlib, novità luglio 2015








Inizialmente avevo scritto questa breve nota in coda al precedente articolo su Streetlib, poi ho deciso di dargli più spazio, sperando possa essere utile a chi, come me, ha qualche difficoltà a districarsi tra le nuove denominazioni dei servizi offerti.




La nascita di Streetlib ha dato vita a una piccola rivoluzione in casa Narcissus e Simplicissimus Book Farm.
Da oggi tutte le attività confluiranno sulla piattaforma Streetlib, cambiando nome in un'ottica di riorganizzazione e semplificazione dei servizi.
Per gli utenti di fatto cambierà poco, a parte il fatto di doversi orizzontare con le nuove denominazioni dei servizi (un po' troppo anglofone; si stenta a capire che sia un'azienda italiana).

Un aiuto può venire dall'interessante articolo  di Sonia Lombardo su Storia Continua, da cui ho tratto questo semplice specchietto riassuntivo.
Mi piace l'idea di riunire tutti i servizi in un'unica piattaforma, ma temo che i nomi scelti creino confusione, soprattutto nei primi mesi. Difficile per gli utenti italiani districarsi tra Streetlib Publish e Streetlib SelfPublish o cogliere immediatamente la differenza tra Streetlib Store, Streetlib Sell e Streetlib Marketplace.
Troppo simili e potenzialmente sinonimi per chi ha solo una conoscenza di base della lingua inglese.
Capisco la necessità di proporsi su uno scenario internazionale (e un pizzico di esterofilia), ma non credo costi molto aggiungere alle nuove denominazioni anche una breve nota esplicativa (possibilmente anche in italiano) per aiutare gli utenti a comprendere meglio le differenze tra i servizi proposti.
E magari anche un tasto "home" per poter tornare al punto di partenza se ci si rende conto di aver selezionato la pagina sbagliata.
Spero siano solo difficoltà momentanee, dovute alla necessità di mettere insieme, omologare graficamente e far comunicare tra loro servizi nati su siti diversi e con logiche differenti.
Da ammirare comunque il coraggio imprenditoriale di Antonio Tombolini e del suo staff di Simplicissimus Book Farm nel dar vita alla nuova piattaforma unica Streetlib, mettendo da parte marchi ormai consolidati sul panorama italiano e internazionale come Narcissus, Stealth, Ultima Books, Footwings e Backtypo.


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